VIAGGIARE NEI RICORDI

In questi giorni romani, dove il clima mi ha obbligato ad indossare di nuovo un maglione di lana, ed un cappotto, ho anche rivisto la mia faccia nello specchio di occhi di persone che non vedevo da tempo. E, riflettendomi in questi, ho ripercorso, come su rotaie veloci di una metro, i miei ricordi. Di ieri. Degli anni passati. Dei miei capelli lunghi. Delle sigarette fumate di nascosto. Delle mie paure affrontate, e di quelle che ancora mi aspettano su un ring. Dei “ci vediamo dopo cena alla solita ora”. Dei “ciao mamma, si tutto ok, ho mangiato. Adesso studio che lunedì ho l’esame”. Dei “si, lo faccio domani” e poi, la fermata della metro, ti fa scendere a quel “domani”. E’ un attimo. Ti volti. E sei già diversa. I capelli più corti, per i troppi tagli indecisi. Le sigarette spente, per sempre, in un posacenere. Le serate trascorse insieme che portano ad altre mattine da costruire. Ed i martedì che sono arrivati dopo i lunedì, consumati in aule fatiscenti universitarie e che ti hanno consentito una laurea. Sei già qui. E ti fermi. E ti chiedi cosa saresti senza la memoria di ciò che sei stata. Di ciò che ti ha portato ad essere dove sei? Io credo che sia importante, certo, andare avanti. Credere in questo. Dobbiamo farlo, per reagire. Ma credo anche che lasciarsi catturare da un sapore, da un odore, da una parola, una semplice parola, proprio quella, l’unica, che ripetevi con quella persona, e ripercorrere il viaggio nel proprio io. Per staccare e tornare a cullarsi per un po’, ad occhi chiusi, con un sorriso, senza maledirsi per non aver fatto abbastanza (tanto non ne vale la pena) sia doveroso nei confronti del nostro presente. Semplicemente per capire meglio dove stiamo andando, o, forse, ammettiamolo, perché ci piace anche distrarci un po’.

Quando sei infelice, torna nel luogo che ami. Lui, a differenza delle persone, ha sempre qualcosa da dirti.

Ed è proprio l’incontro con le persone che appartengono al nostro vissuto, il loro odore. Il notare i loro cambiamenti (che poi sono anche i tuoi) nel volto sopra quelle peculiarità fisse e permanenti come un neo, od una cicatrice. Quelli che li hanno contraddistinti quando li hai conosciuti, la prima volta, in un estate di salsedine, in un’estate dal sapore acerbo in cui di crescere non ne avevi proprio voglia, in cui di conoscere non ne potevi più.

Sono le rughe di un parente. E più passa il tempo più le conti, con la tristezza e malinconia nascosta e taciuta. Ed in una di quelle rughe ci sei anche tu. C’è anche parte della tua vita.

Sapere di aver contribuito al “modellare” il volto (diciamo così) di una persona a cui teniamo un pochino ci può inorgoglire. Perchè è l’interazione con il prossimo che porta ad arricchirci di nozioni.

Non solo. Relazionandoti quotidianamente credi di poter cancellare per qualche attimo un ricordo. Ma è proprio la volontà conscia che spinge sull’inconscio per tornare a rivivere in maniera più forte, più viva, magari anche quei momenti in cui, quando li hai vissuti, non avresti mai detto “sicuro, mi tornerà in mente sempre”. E basta un semplice, umile gesto come il passarsi le mani tra i capelli (per chi li ha ancora!), o assaporare, dopo tanto tempo, un gusto, che ci porta automaticamente a chiudere gli occhi e a risalire sulla nostra metro che ci ripercorre a quel giorno in cui da soli od in compagnia, in un posto x ad un’ora y abbiamo provato per la prima volta quel sapore. In cui le nostre papille gustative hanno registrato nel cassetto memoria un nuovo elemento

Personalmente trovo divertente ed edificante annotare ciò che mi colpisce di più, e che magari dopo un’ora non saprei più descriverlo, perché non ho più addosso quelle emozioni che in quell’attimo ho vissuto. Proprio come una fotografia. Soltanto scritta. Mi piacerebbe chiedere, ora, a ciascuno di voi, qual è il ricordo più forte, più bello di quest’ultima settimana.   Il mio è collegato ad un volto. Metro. Al mio fianco si siede un bambino. Lo guardo: carnagione scura. Occhi più grandi del viso. Neri come il petrolio. Quello della sua terra. E’ stato infinito il nostro dialogo fatto di sguardi, di stupore, di sorrisi. Era bianco e sincero il sorriso della madre, che cercava di sistemare i giochi che cadevano dal passeggino. E’ stato un attimo. Non sono scesa alla giusta fermata. Ma, sinceramente, per quel viso, per quegli occhi di PACE e per quel sorriso di AMORE, valeva la pena perdere tutte le fermate, di una metro, di un treno, di un viaggio. Per quei volti mediorientali, e VIVI.