TORRE ELETTRA. UNA CONTAMINAZIONE LETALE

“Torre Elettra” con Valentina Perrella, Liliana Massari, Cristina Todaro, Luciana Guerra, Alessandro Giova e Matteo Montalto (drammaturgia e regia Giancarlo Nicoletti), è in scena al Brancaccino fino a domenica 29 gennaio. Lavoro inedito di Planet art collettivo teatrale, pluripremiata under 35, fra le rivelazioni della scena romana e nazionale. In una periferia di una Roma futuribile c’è Torre Elettra, terra senza giustizia, di sopravvivenza, inquinata di malattie che richiamano alla sete di vendetta. Una scenografia ricca di scatole, in quantità eccesiva che rimandano, subito, ad un degrado. Una famiglia segnata da violenze e tradimenti, si muove tra queste, ciascuno con il proprio carattere, ma, soprattutto, con la propria fragilità da nascondere dietro la maschera della rabbia. Sei personaggi si interrogano su quale sia la vera giustizia da perseguire: se quella civile e morale, o di natura, dettata da quella del più forte. Il concetto della dike, dunque, presente nelle tragedie greche, in modo particolare nell’Orestea di Eschilo, che qui fa da grande eco in chiave contemporanea. Una famiglia composta da una madre stratega, che vuole nascondere ai propri due figli superstiti il vero motivo della morte del loro padre: non per cancro all’intestino in fase avanzata, ma per assassinio preterintenzionale, al fine di poter accompagnarsi a chi governa Torre Elettra. Si può perdonare un tale atto? Perché vendicarsi del passato se tanto il padre è morto, chiederà ad un certo punto uno dei due figli, appena tornato a casa dopo sei anni trascorsi in Germania. Ma chi ha vissuto quel dolore ogni giorno (testimoni i propri occhi), chiede vendetta; se non alla madre, quanto meno al compagno. Non ci riuscirà il fratello, per troppo amore filiale. E, mentre parte della nuova famiglia si recherà alla visione di uno spettacolo teatrale dal titolo “Amleto”, in casa, la sorella, malata di affezione venerea, la stessa dal quale il padre era stato contagiato, si concederà al compagno della madre trasmettendogli il proprio veleno. L’uomo, presto contagiato, si ammazzerà in preda ad una pazzia delirante. Rimarrà conoscere se ha la meglio l’espiazione o il perdono. Questo, credo, vuole comunicarci il regista/drammaturgo Giancarlo Nicoletti (buona la sua duplice prova), regalandoci un’immagine – quasi pittorica e commovente – di una famiglia che, nonostante il passato e le rabbie nel presente, sa unirsi. Non c’è una risposta. Ma un legame, un cerchio che si chiude costruito da citazioni shakespeariane, pasoliniane, e del teatro greco.

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